Archivio di dicembre 2016

Note sulla Grande Madre

Il legame tra il culto di San Michele Arcangelo e il culto della “Grande Madre”.

Il culto di San Michele Arcangelo è sempre localizzato in ambiti in cui è necessario opprimere presenze e credenze pagane. E’ altresì un culto legato al potere catartico delle acque, come San Giovanni Battista, che battezzò Gesù Cristo con l’acqua, cui egli rispose che come Giovanni avrebbe battezzato con l’acqua, egli avrebbe battezzato con lo spirito.

L’Arcangelo Michele è molto vicino a San Giovanni Battista, colui che battezza con l’acqua il figlio di Dio e che annuncia la nascita di Cristo. Anche l’Arcangelo Michele è estremamente collegato con le acque sacre e pure lui annuncia la nascita del Salvatore. San Michele Arcangelo è un santo escatologico e catarchico, per questo è collegato alle acque, che nel simbolismo cristiano ed ebraico sono sia acque punitivo-escatologiche, che acque catarchiche e quindi di salvezza. I due opposti, la morte terrena e la vita eterna, in San Michele Arcangelo si toccano profondamente.

Al di la del forte legame con il simbolismo delle acque, molto evidente nell’iconografia, nell’architettura sacra e negli scritti religiosi su San Michele Arcangelo, è potente la presenza del santo anche in luoghi di morte e rinascita, infatti il suo legame con le acque è potente proprio per questo motivo, un motivo legato alla caratterizzazione di San Michele Arcangelo a quella che è la sua missione, essere l’elemento primario dell’apocalisse. lnfatti lo troviamo come personaggio fondamentale nell’Apocalisse di San Giovanni e a questo proposito, anche nel comune dell’Aquila, ad Amiternum, nella chiesa dedicata appunto a San Michele Arcangelo, la quale fu eretta nel VI secolo, sopra alcune catacombe paleo-cristiane. Per un motivo analogo, nella Basilica di San Apollinare in Classe a Ravenna eretta nel 546 d. C. il celeberrimo abside presenta le figure a mosaico degli Arcangeli Gabriele e Michele a protezione della cristianità contro il culto Ariano; dove ora vi è la Basilica, precedentemente gli ariani avevano il proprio luogo di culto.

Questo lega molto il Santo Arcangelo Michele alla Dea Madre, anch’essa, come il Santo dell’apocalisse e dell’escatologica catartica salvezza, era suddivisa nei culti preistorici addirittura precedenti al neolitico in tre sotto-divinità, la divinità della nascita, la divinità della vita e la divinità della morte. Sia San Michele Arcangelo che la Grande Madre sono i primi battezzatori dell’umanità e le prime figure escatologico-catarchiche. Le tre moire della mitologia greca si rifanno appunto a queste tre divinità che nate probabilmente in un periodo ancora precedente a quello della grande Madre, di cui già si nota l’esistenza nelle immagini religiose di 15ooo anni fa, si trasformarono in personaggi divini che costituivano l’identità monoteista della Grande Madre.

Il culto di San Michele Arcangelo è possibile che abbia trovato diffusione nelle aree della penisola occupate dai Longobardi nel periodo a partire dal 500 d.C. I Longobardi dapprima erano pagani, poi divennero cristiani.

A Novi di Modena per esempio vi è una Pieve romanica del XII sec. dedicata a San Michele Arcangelo, che sorge sopra una pieve preromanica del IX sec. (gli absidi sono sovrapposti) dedicata a Santa Maria Maddalena. In un terzo tempo, nel XVI sec. fu costruita e sovrapposta una nuova pieve dedicata sempre a San Michele Arcangelo. Ciò avvenne per paura del diffondersi dei movimenti eretici. Le precedenti costruzioni probabilmente furono abbattute a causa di inondazioni. Recentemente sotto l’abside preromanico sono stati scoperti resti di età romana, manufatti prodotti da una fornace e forse un altro abside. E’ importante notare che il basamento preromanico è costruito con sassi fluviali e in un secondo tempo con mattoni.

Per quanto riguarda la presenza nel Veneto, ne parlano Paolo Diacono e Ariperto I. Questi autori offrono anche testimonianze sugli antichi alvei dei fiumi che hanno formato la laguna prima della grande alluvione descritta da questi autori avvenuta nel 586 d.C. (Brenta, Muson, Marzenego e Sile). Brenta e Muson portano ancora testimonianze del culto di San Michele Arcangelo. A Venezia esistono tre siti dedicati a questo culto: San Michele in Isola (l’attuale cimitero) sede di una antica biblioteca camaldolese in parte custodita ora a Camaldoli e in parte alla Biblioteca Marciana di Venezia, e luogo dove operò anche il cartografo fra’ Mauro, che la leggenda vuole visionario e ispirato dal diavolo;  San Michele degli zoppi, chiesa rasa al suolo da Napoleone, di cui pare non si sia salvato nulla, resta solo un attiguo vecchio oratorio e il nome del campo, Campo San Angelo; San Michele delle polveri o San Michele di Contorta, che ospitò un convento di monache “corrotte”. Se osserviamo la presenza di luoghi religiosi dedicati a San Michele Arcangelo, ma anche a San Giorgio, santo anch’egli di carattere escatologico-catarchico, lungo il Canal Grande a Venezia, possiamo capire come mai in questi luoghi dove è forte la presenza dei due santi citati, si situino due luoghi negativi tristemente famosi, Palazzo Dario per la morte violenta di ogni suo proprietario e Palazzo Mocenigo dove Giordano Bruno il quale confidò a Cagliostro le sue arti di stregoneria nell’ultimo tentativo di salvarsi. Ma anche nell’isola di Burano vi è una zona si dice del diavolo e una zona d’acqua dalla quale pare esca del gas metano. Questi luoghi nei quali venivano vissute situazioni peccaminose, tra le quali quelle di carattere stregonico sopra dette, avevano bisogno dell’intervento di questi due santi nell’immaginario della città di Venezia.

 Le sacerdotesse nelle antiche religioni di area veneta

Qui si pone la domanda se le antiche religioni di area veneta siano o meno legate al culto della Grande Madre. Vi è l’influsso dell’Ecate greca nella simbologia delle antiche religioni di area veneta, in particolar modo euganea. E vi sono similitudini con la simbologia etrusca: per esempio piccole edicole appese agli alberi o oggetti votivi o cibo sempre appesi agli alberi, per ingraziarsi le cornacchie.

Altre tracce si trovano nei riti delle sacerdotesse paleo – venete. Il Santuario situato nella località Meggiaro a Este (V – IV sec. a. C., andò abbandonato nel I sec a.C.) e scoperto a partire dal 1999 presenta similitudini con i santuari di Cosa (Ansedonia – Orbetello), Forentum (provincia Potenza), Marzabotto (Bologna) e Bantio (tra Apulia e Lucania): sono santuari del tipo cosiddetto “templum in terris”. A Meggiaro sono stati ritrovati circa 8000 resti ossei di animali, in prevalenza giovani e di genere femminile, di cui quasi la metà sono di scrofe e feti, il che fa supporre al sacrificio di scrofe gravide. E’ stato ritrovato anche un pozzo, che fu costruito in un secondo momento e sono stati ritrovati anche reperti che riconducono a libagioni. Questa tipologia di santuari è legato ai miti di fondazione così come li descrive Virgilio nel I libro dell’Eneide alludendo alla fondazione di Cartagine ad opera di Didone con un tempio dedicato a Giunone.

L’aspetto linguistico in area euganea ci associa al legame tra indoeuropei e preindoeuropei, infatti la lingua veneta è un incrocio c tra lingue locali e lingue che sono venute attraverso le migrazioni indoeuropee. Attraverso lo studio delle lingue si può scoprire la relazione tra popoli preindoeuropei e quelli indoeuropei di provenienza aria. Il termine Euganeo deriverebbe dal greco e significa di nobili stirpe, ma potrebbe essere collegabile con gli Ingauni antichi abitanti della Liguria, quindi di probabili origini preindoeuropee. Studiosi come Giovenale Marziale Comelisio Italico e Lucano usano il termine euganeo per definire all’epoca di Roma imperiale l’Italia nord orientale.

La lingua paleoveneta sarebbe invece originaria delle popolazioni indoeuropee che si sono stanziate nel nord della penisola. Gli indoeuropei si sono stanziati nel nord est della penisola italica attorno al VI sec. a.C. e con l’arrivo dei romani nel II sec. a.C,. si sono inglobati con loro. Precedentemente hanno avuto rapporti con gli etruschi. Si suppone che con l’arrivo dei veneti, gli euganei si siano spostati dai colli euganei verso le prealpi. Le iscrizioni paleovenete si trovano su ceramiche, vasi e monumenti funerari, sono spesso iscrizioni votive.

Secondo alcuni studiosi il veneto più puro anzi il paleoveneto più puro chiamato anche venetico, sarebbe quello della parlata slava, lo slavo insomma sarebbe una lingua in parte di origine veneta indoeuropea. Ma è vero anche che all’epoca dei castellieri popolazioni istriane si spinsero fin dentro il veneto al confine tra le attuali provincie di Belluno e Treviso costituendo enclavi linguistiche antropologiche resistenti fino ai nostri anni, tanto che fino a pochi anni fa in quelle zone si riconoscevano nuclei fisionomici e tradizioni di derivazione istriana.

Vi sono poi similitudini tra il linguaggio scritto etrusco ed euganeo e venetico. Secondo alcuni autori le varie popolazioni presenti in area venetica erano in origine Ari, o comunque provenienti da quell’area. Gli euganei erano il nucleo originale ed erano probabilmente di diversa origine. Lo afferma anche Tito Livio (padovano di origine). Virgilio parla invece di Antenore, principe troiano che venne in Italia attraverso la Croazia a capo di una schiera di Eneti (o Veneti), e fondò Padova.

 Il culto del serpente

Anche il culto del serpente ci riporta alla connessione tra indoeuropei e preindoeuropei,  come infatti è possibile notare nelle immagini che raffigurano la donna con mani e gambe a forma di serpente e in posizione che odiernamente sarebbe definita ypogica, essa appartiene alla cultura preindoeuropea. Lo stesso mito serpentario lo ritroviamo nel racconto biblico che è anch’esso preindoeuropeo. Nella tradizione indoeuropea il serpente è invocato in senso nefatico, ma è sempre presente nelle tradizioni mitologiche.

Nella Bibbia e nell’Eneide si parla del culto della Grande Madre, simboleggiata dal serpente, che è legato alla terra. Il demonio è legato al serpente, così come il drago. Chi ammazza un drago è sempre un santo. Nell’isola di Malta è molto presente il culto del serpente legato al culto di san Paolo, in Svizzera il serpente è chiamato arcobaleno, mentre tra gli indiani il serpente scaccia il fulmine. Quindi il serpente è legato all’acqua. Nell’Eneide gli animali di colore nero venivano sacrificati da Enea per propiziare la pioggia. Gli sloveni hanno il culto della vacca nera che viene sacrificata e l’usanza del sacrificio animale è ancora molto diffusa nelle zone tra il Kosovo e la Macedonia. Il fiume Timavo citato da Virgilio quando parla del mito di fondazione della città di Padova, è un fiume che nasce in Croazia, si sviluppa in Slovenia e sfocia nei pressi di Trieste, il cui percorso in parte sotterraneo è ancora sconosciuto, avvolto nell’enigma.

La Grande madre prima nasce dalla terra, poi nasce il serpente e succhia la terra, così nasce il demonio. Poi la Grande Madre diviene animale nero cosicché l’animale viene ammazzato per propiziare la pioggia (il serpente arcobaleno per far piovere). Dalla pioggia nasce l’anima. Enea ammazza ancora animali per propiziare la pioggia. Infine dall’anima nasce la concezione di un Dio  – Zeus che determina la pioggia e la terra. Così dalla Grande Madre si arriva al Dio astratto: questa è l’ipotesi positivista – funzionalista.

 Sui Serpari di Cocullo (testimonianza orale, agosto 2016)

Mi trovo nel paese di Filetto mt 1090 sul l. m., vicino alle frazioni di Camarda e Paganica (Jovi Paganico Sacro) nel Comune dell’Aquila, sulle pendici del Gran Sasso verso Campo Imperatore. La località anticamente in un territorio di confine tra i popoli dei Sabini e dei Vestini.

Chiedo ad un anziano se nei pressi vi siano località o tradizioni dedicati ai serpari. Risponde che solo a Cocullo esiste questa tradizione. Mi descrive la strada per arrivarci ed aggiunge “Ma ora nun è stagione”. Gli suggerisco che la stagione è maggio, il primo di maggio. Egli afferma “Quando si svegliano”. Provo a farmi spiegare cosa voglia dire questa affermazione. Egli continua a ripetermi “Quando si svegliano”. Penso che si riferisca ad una sorta di letargo invernale, ma non capisco. Egli col viso e col corpo fa un cenno di fastidio, più volte, e aggiunge “Ma come fanno a metterli sul collo?” Mi mostra come, a mo’ di sciarpa. “Ma come fanno, sembrano addormentati” ribadisce. Gli dico che forse sono ubriacati o drogati, egli fa un altro cenno di fastidio e repulsione. Intuisco che questo argomento lo infastidisca, infatti mi saluta ed entra nel portone di casa.

 La madre terribile 

La Grande Madre chiamata anche madre terribile era nata in Mesopotamia, era la grande madre Tiamat ovvero l’oceano primordiale. Era vicina come simbolismo a Saturno, che in greco è Kronos, il tempo non cronologico, Saturno e la Grande Madre sono simili archetipicamente.

Faccio spesso il paragone tra le “facce” nere che sono mesopotamiche e gli egiziani preclassici. Sono molto differenti: la grande madre è mesopotamica, mentre in Egitto comandano il dio Epafo figlio di Io – Iside, sacerdotessa di Era. Io fu trasformata in vacca da Era per gelosia ma, liberata da Ermes su richiesta di Zeus, fu di nuovo perseguitata da Era, e andò vagando per molti luoghi fino a giungere in Egitto. Ritornata nelle vesti di donna divenne moglie di Osiride, che è un dio che ogni anno muore e ogni anno rinasce attraverso l’accoppiamento. Sono molto vicini al culto ebraico e successivamente cristiano, infatti la vacca è la dea della fertilità per gli egizi e si trova anche nel racconto della nascita di Gesù, insieme all’asino che è un simbolo, il dio asino, di cui parla il re sapiente Salomone.

Le dee avevano la coda di coccodrillo, leone, ippopotamo come la Tueret egizia perchè erano dell’età dei cacciatori, paleolitico inferiore, che precede la cultura della rivoluzione agraria del neolitico, erano le dee gravide. Gli ebrei possono aver attinto dal mito di Didone perché la Fenicia, e Didone è fenicia, è confinante col loro regno.

La dea gravida veniva chiamata “donna gravida”, era la Grande Madre. In Mesopotamia ci sono la dea benevola e la dea malevola. La dea benevola è chiamata Tiamat, mentre la dea malevola è chiamata Istar. Inanna – Istar coincide con Urano (il cielo), è figlia del Cielo o della Luna e sorella del Sole. La dea benevola accettava il movimento dei figli, e dunque accettava il divenire temporale. La dea malevola invece si arrabbiava quando i figli si muovevano, voleva che stessero fermi, e li uccideva: in ciò era simile a Saturno. Questa divinità non accettava il divenire e quindi il tempo.

Il Caos, il mare in Mesopotamia, genera Tiamat, la dea che pure ammazza i figli, tranne due. Tiamat è la divinità femminile che nasce dal mare, essa viene assorbita nella cultura dei Greci divenendo Afrodite. Urano – Kronos – Zeus secondo Esiodo sono i tre stadi della teogonia. Urano e Gea vengono dal Caos, sono l’ultima coppia dei figli di Caos. Tiamat, il Caos, ha anch’essa vari figli che uccide, tranne due.

In Italia i precristiani e i preindoeuropei fondano il paese di Saturnia e insegnano a lavorare la terra. Ma in alcuni culti l’agricoltura è un’arte femminile, insegnata delle deità femminili. Ciò appartiene alla religione della Grande Madre. Tiamat è entrambe le cose, Urano e Kronos. Da Kronos successivamente nasce Zeus e da questi nasce Venere, che in realtà però di Zeus sarebbe la sorella. Dalla Venere preindoeuropea, cioè Tiamat mesopotamica, che è appunto simboleggiata dalle stella ad otto punte che rappresenta il pianeta Venere, si passa alla Venere greca che è figlia sorella di Zeus.

Tifone, il drago, il serpente, è stato creato da Rea, la quale voleva uccidere Zeus, il quale aveva mandato sotto terra i Titani, figli di Rea. Zeus va in Egitto. Dalla cenere di Dioniso e dei Titani nasce l’uomo. Le religioni patriarcali sono centrate sul potere degli dei, mentre le religioni matriarcali sono centrate sulla fertilità. Esse inoltre sono diverse per il culto delle acque dove l’acqua è quella che dà fertilità e fa crescere la possibilità di trovare marito, fa venire il latte e questo uso delle acque paragona la pianta all’uomo.

Marco Viti, Stefania Pomiato