Archivio di marzo 2013

Due possibili profezie di Nostradamus sulle dimissioni di Benedetto XVI

«Vires meas, ingravescente ætate, non iam aptas …ad munus Petrinum æque administrandum».

Due possibili profezie di Nostradamus sulle dimissioni di Benedetto XVI

 

di PierVittorio Formichetti 

 

Le dimissioni annunciate dal papa Benedetto XVI lo scorso 11 febbraio e previste per il 28 febbraio sono sicuramente un evento epocale, sia per la storia della Chiesa cattolica (un simile fatto non accadeva dai tempi del celebre «gran rifiuto» di Celestino V alla fine del tredicesimo secolo), sia per la storia del mondo intero. Come si suppone sia avvenuto riguardo ad altri avvenimenti storici importanti, è possibile ritrovarne un presagio tra le famose profezie di Nostradamus?

Incredibilmente, anche questo clamoroso avvenimento sembra essere stato adombrato dal celeberrimo veggente in almeno due quartine delle sue Centurie*: la quartina 47 della Centuria III e la quartina 19 della Centuria X. La prima dice:

 

Le vieux Monarque déchassé de son regne

aux Oreients son secours ira querre;

pour peur des croix ployera son enseigne,

en Mytilene ira par port & par terre.

 

Il vecchio Monarca scacciato dal suo regno

agli Orienti* andrà chiedendo il suo soccorso;

per paura delle croci piegherà la sua insegna,

in Mitilene andrà per porto e per terra.

 

La seconda quartina dice:

 

Iour que sera par Royne saluee

le iour apres le salut la prière;

le compt fait raison & valbuee,

par avant humble oncques ne fut si fiere.

 

Giorno che sarà dalla Regina* salutata

il giorno dopo il saluto la preghiera;

il conto fatto ragione e valutata,

precedentemente, un umile mai fu così fiero.

 

Tentiamo di interpretare questi testi a cominciare dal secondo.

Accettando la traduzione (di Mirella Corvaja) di Royne con «Regina» (e non, per esempio, con l’ assonantissimo nome della città francese di Rouen), il primo verso della quartina X, 19 andrebbe letto:

1) Giorno che sarà dalla Regina salutata: Il giorno che sarà caratterizzato, segnato, dalla Regina = la Vergine Maria, Regina del cielo e Regina degli Apostoli, salutata dall’ arcangelo Gabriele nell’ Annunciazione (con la celebre frase tradotta in latino con «Ave, Maria»). Si tratta dunque di un giorno legato alla Madonna.

2) Giorno che sarà segnato dalla Regina salvata: qui la parola francese saluee è letta come salvée, salvata, con una interpretazione che considera la U di saluee come lettera V, che veniva scritta spesso con il carattere U almeno fino alla metà del Seicento, così da supporre che il verbo salvare (sauver) si potesse scrivere anche salver all’ epoca di Nostradamus. Ne risulta: Il giorno che sarà dalla Regina salvata = Il giorno che sarà segnato dalla Vergine Maria, Regina del Cielo // Regina degli Apostoli, salvata dal peccato originale secondo il dogma dell’ Immacolata Concezione (rivelato da Lei stessa a Bernadette Soubirous nelle apparizioni di Lourdes nel 1858, e successivamente accolto ufficialmente dalla Chiesa cattolica, ma elaborato in ambito francescano già dal XIV secolo almeno).

Con il riferimento a Lourdes, entra in campo l’ eventuale secondo soggetto (Bernadette), sebbene nella quartina possa essere del tutto sottinteso; il verso può allora essere letto anche così:

1) Giorno che (Bernadette) sarà dalla Regina salutata = Il giorno in cui Bernadette sarà salutata dalla Vergine Maria Regina del Cielo // Regina degli Apostoli;

2) Giorno che (Bernadette) sarà dalla Regina salvata salutata = Il giorno in cui Bernadette sarà salutata dalla Vergine Maria Regina del Cielo // Regina degli Apostoli salvata dal peccato originale;

3) Giorno che (Bernadette) sarà dalla Regina salutata // salvata // salutata = Il giorno in cui Bernadette sarà salutata dalla Vergine Maria Regina del Cielo // Regina degli Apostoli salvata dal peccato originale, salutata dall’ arcangelo Gabriele.

Nel 1858 le apparizioni di Lourdes avvennero proprio a partire dall’ 11 di febbraio, esattamente la stessa data in cui Benedetto XVI ha ufficialmente annunciato le proprie imminenti dimissioni dal soglio petrino.

L’ interpretazione del secondo verso ci permette di precisare meglio questa data: Il giorno dopo il saluto la preghiera. L’ 11 febbraio 2013 è stato infatti un lunedì, quindi il giorno dopo la domenica, in cui si recita l’ Angelus, preghiera che riguarda proprio il saluto dell’ arcangelo Gabriele a Maria, con cui inizia l’ Annunciazione. Qui si preciserebbe perciò che il giorno segnato dalla Regina (Maria) salvata (dal peccato originale) salutata (dall’ arcangelo) di cui Nostradamus ha parlato nel primo verso della quartina sarebbe proprio il giorno successivo a quello della preghiera dell’ Angelus, dunque un lunedì. Inoltre il lunedì prende nome dalla Luna, che a sua volta è un simbolo di Maria (a partire da una delle interpretazioni di Apocalisse XII, 1): un altro elemento mariano che segna il giorno in questione.

Quanto detto fin qui sembra inequivocabile: si tratta di un lunedì segnato da un legame con la Madonna e successivo al giorno in cui si recita l’ Angelus (domenica). Tuttavia, poiché non sappiamo se Nostradamus abbia previsto, tra gli avvenimenti descritti nelle Centurie, anche le apparizioni di Lourdes, potemmo anche escludere il riferimento a Bernadette come soggetto sottinteso del verbo salutata senza che il preciso riferimento al giorno come giorno seguente a quello segnato dalla Regina (del Cielo // degli Apostoli) salutata (dall’ arcangelo) e salvata (dal peccato originale), cioè il giorno in cui si recita l’ Angelus, subisca alcuna distorsione.

La quartina prosegue con:

Il conto fatto, ragione e valutata,

Precedentemente, un umile mai fu così fiero.

Le parole di Benedetto XVI e i commenti che ne sono seguiti si adeguano perfettamente a questa descrizione: il conto, cioè l’ esame, del proprio operato e delle proprie risorse, fatto dal papa con ragione, e ragione valutata… Corvaja traduce valbuee con valuta (senza peraltro che si comprenda se intenda vàluta o valùta), ma sembra assai meglio tradurre con valutata, dato che la parola francese valbuee è in realtà probabilmente valhuee, con la H minuscola scambiata per una B minuscola a causa dello spessore dell’ impronta di stampa tipica dei testi antichi; verosimilmente il termine potrebbe anche essere evalhuee, «valutata» appunto, con la E iniziale (con cui anche oggi, caduta la H all’ interno, inizia il verbo francese évaluer, «valutare») che Nostradamus avrebbe separato allo scopo di rendere il testo ancora più nebuloso.

La quartina termina, coerentemente nella nostra lettura, appunto con ciò che è stato sottolineato dopo l’ annuncio del papa: prima di lui, mai un pontefice si era dimostrato così umile, e allo stesso tempo così risoluto, nel voler affidare a forze più salde il timone della Chiesa cattolica.

Veniamo alla quartina 19 della Centuria X:

Il vecchio Monarca scacciato dal suo regno

agli Orienti* andrà chiedendo il suo soccorso;

per paura delle croci piegherà la sua insegna,

in Mitilene andrà per porto e per terra.

Vediamo subito che papa Ratzinger, capo supremo della Chiesa di Roma e sovrano della Città del Vaticano, è a tutti gli effetti un anziano monarca, che sta per lasciare il suo regno; «scacciato» si potrebbe intendere come allontanato suo malgrado in quanto contrastato da una parte dell’ opinione pubblica o da alcune fazioni all’ interno dell’ apparato istituzionale della Chiesa romana, senza contare i recenti scandali interni come la fuga di documenti che ha coinvolto il personale domestico del papa nella persona del suo maggiordomo, i gravi casi di preti pedofili coperti dai loro vescovi e le presunte rivalità di potere tra alcuni cardinali e monsignori.

Il secondo verso contiene il termine Oreients, che Corvaja traduce con Orienti, che indica qualcuno presso cui il papa andrà chiedendo soccorso. Se pensiamo che Benedetto XVI ha fatto sapere che, una volta lasciata la Cattedra di san Pietro, si ritirerà in un monastero di clausura femminile all’ interno delle mura vaticane, la parola Orienti potrebbe rimandare alla circostanza storica che vide la nascita dell’ eremitismo e del monachesimo cenobitico, nel III e IV secolo, proprio in Medio Oriente e in Egitto (si pensi agli stiliti e ai monaci della Tebaide seguaci di sant’ Antonio abate). Potremmo pensare anche che il termine possa significare anche Orecchianti, una contrazione del termine ipotetico Oreillants (da oreille, «orecchia»), termine la cui pronuncia sarebbe molto simile proprio a quella di Oreients, dato che i religiosi contemplativi ascoltano (nel leggerla e nell’ ascoltarla letta dal monaco a ciò preposto secondo il calendario religioso della propria regola) e perciò, potremmo dire con una espressione un po’ particolare, pregano con le orecchie. In ultimo si potrebbe pensare anche alla parola latina Orantes, coloro che pregano, che è simile sia a Orienti sia a Orecchianti (Oreillants) ed esprime ancora il carattere di religiosi contemplativi che contraddistingue coloro i quali saranno cercati dal papa come soccorso e ricovero. La prima parte della quartina è dunque chiara: L’ anziano monarca (del Vaticano, il papa) impossibilitato a regnare, lascerà il regno e chiederà soccorso a coloro che pregano in contemplazione.

Il terzo verso è di più facile interpretazione: per paura delle croci, cioè dell’ aggravarsi dei dolori (fisici, dovuti all’ età; morali, dovuti all’ ambiente non proprio limpido che gli ruota intorno e a cui si è accennato; spirituali, dovuti al peso della sua altissima funzione), piegherà la sua insegna, cioè abbandonerà il potere papale e i suoi simboli.

L’ ultimo verso appare più complicato: In Mitilene andrà per mare (porto) e per terra. Sembra che non si possa collegare in alcun modo ai precedenti tre versi della profezia: Mitilene è la città capoluogo dell’ isola di Lesbo, celebre per la poesia greca (un nome per tutti, Saffo), che appunto non ha nulla a che fare con un monastero di clausura in cui il papa sta per ritirarsi; inoltre Benedetto XVI qui si dedicherà alla preghiera e agli studi teologici, non alla poesia greca. L’ unico modo per cercarne una spiegazione è tentare un anagramma di Mytilene nella frase francese En Mytilene ira:

E  N     M  Y  T  I  L  E  N  E     I  R  A

****** ↑   ↑   ↑  ↑  ↑  ↑

****** 3   2   5  4  1  6

 

Riordinando le lettere numerate in ordine crescente otteniamo: En Lymitene ira. Separando ora le due ultime lettere di Lymitene (NE) otteniamo: En Lymite ne ira par port & par terre = Nel Limite, non andrà per mare (porto) e per terra. Nei limiti in cui si troverà – i limiti fisici, ma anche i limiti della clausura in cui ha voluto ritirarsi, nonché i limiti dello Stato Vaticano, cioè i confini (in latino limites) dello Stato Vaticano, che è intenzionato a non varcare più – il vecchio monarca della Chiesa non viaggerà più per i mari e le terre del mondo, come aveva accettato di fare mentre era pontefice.

Riassumendo le due quartine di Nostradamus:

(X, 19) Il giorno seguente alla preghiera del saluto (l’ Angelus) alla Regina (la Vergine Maria) salutata (dall’ arcangelo) // salvata (dal peccato originale; dogma dell’ Immacolata Concezione), il conto fatto con ragione valutata; mai prima un umile fu anche così risoluto:

(III, 47) l’ anziano Monarca (il papa) costretto a lasciare il suo regno, chiederà ricovero agli Oranti; per paura dei dolori rinuncerà all’ insegna (papale); in questi limiti non andrà (più) per mari e per terre.

Una descrizione abbastanza appropriata del singolare avvenimento che si è verificato nella Chiesa cattolica e che ha aperto una prospettiva inedita nella storia della Chiesa di Roma, a quasi due millenni dall’ istituzione del Ministero petrino.

 

P. F.

 

*Mirella Corvaja, Le profezie di Nostradamus. Cosa ci riserba il futuro, Milano, Giovanni De Vecchi, 1981.

BALLATOI TERMINALI E MODELLINI DI NURAGHI MAI ESISTITI

Nel quadro generale di assurdità e di ridicolaggini relative alla civiltà nuragica tracciato da alcuni archeologi, ad iniziare da Antonio Taramelli fino a qualcuno vivente – quadro che è perfino offensivo per la intelligenza di noi Sardi – entrano anche la storiella del «ballatoio o terrazzino terminale» che avrebbero avuto i nuraghi e la storiella dei «modellini di nuraghi». Purtroppo non c’è opera o studio, sia che aspiri ad essere scientifico sia che abbia un intento di divulgazione, che non presenti i nuraghi col ballatoio terminale, come quello delle torri medioevali e post-medioevali. Ed invece questi “ballatoi” e quei “modellini” non esistono affatto e non sono esistiti mai.

I supposti “ballatoi”

L’archeologo che ha scavato il Nuraxi di Barumini ha ritenuto di poter affermare l’esistenza del ballatoio terminale nel grande nuraghe in base al ritrovamento, non in situ, ma sparsi nel terreno, di lunghi massi che egli ha considerato “mensoloni”, i quali appunto avrebbero sostenuto il “ballatoio” terminale dell’imponente edificio.

Egli ha pure disegnato quella che sarebbe stata la posizione originaria di quei mensoloni, ma purtroppo in una maniera tale che è chiaramente contraria alle leggi della statica. Sul piano funzionale egli ha sostenuto che il ballatoio serviva ai guerrieri assediati nella supposta grande fortezza, a far sì che i massi scaraventati sui nemici cadessero a perpendicolo su di essi (quasi che rimbalzando sulla muraglia inclinata non potessero essere altrettanto dannosi!).

 Senonché nessun nuraghe ha mai avuto un “terrazzino o ballatoio terminale”, per il fatto essenziale che lo impediva la tecnica costruttiva di allora, fondata sull’uso esclusivo della “pietra”, per di più senza l’uso di alcuna malta.

Si deve considerare che la costruzione dei ballatoi terminali degli antichi campanili, torri e castelli è stata possibile solamente dopo l’uso di mattoni cotti, cementati da malte molto resistenti. Però nessuno studioso ha mai affermato e tanto meno dimostrato che i nuraghi avessero sulla cima ballatoi costruiti con mattoni e cementati con una qualsiasi malta.

Questa “favola” dei ballatoi terminali dei nuraghi, messa in bella mostra dai cartelloni esplicativi di nuraghi monumentali e dei nostri musei e dai pieghevoli pubblicitari ad uso dei turisti, è partita – come dicevo poco fa – dal ritrovamento, ai piedi prima del Nuraxi di Barumini e dopo di numerosi altri nuraghi, di “mensoloni” che avrebbero per l’appunto avuto la funzione di sorreggere quei “ballatoi”.

Io però avevo pubblicato, già nel 1970 e poi di recente nel 2006, le fotografie di mensoloni situati ancora in situ, sulla cima dei Tresnuraches di Nùoro e del nuraghe Albucciu di Arzachena, i quali risultano separati l’uno dall’altro e intervallati, in una posizione che non ha alcuna funzionalità pratica, mentre mostra di averne una semplicemente decorativa, esattamente come fanno i mensoloni che si trovano sulla cima delle torri dell’Elefante e di san Pancrazio di Cagliari e del Castello dei Malaspina di Bosa (M. Pittau, La Sardegna Nuragica, Cagliari 2006, Edizioni della Torre, pagg. 64, 65; M. Pittau, Il Sardus Pater e i Guerrieri di Monti Prama, Sassari 2009, II ediz., EDES, pag. 16).

A questi esempi sono oggi in grado di aggiungere le fotografie di un nuraghe dei monti di Baunei, che mi sono state fornite da un mio amico del luogo:

Insomma i mensoloni terminali dei nuraghi in effetti determinavano e costituivano una “corona radiata” con funzione decorativa dell’edificio. Ma oltre che funzione decorativa i mensoloni del Nuraxi di Barumini e di altri numerosi nuraghi potevano forse avere una funzione simbolico-religiosa, indicante i raggi del Sole, divinità che indubbiamente anche i Nuragici adoravano.

 I supposti “modellini di nuraghe”

Dei “modellini di nuraghe” per il vero si faceva un gran parlare da molto tempo, ma il loro entrare prepotente nelle discussioni è venuto dopo che – finalmente – sono stati effettuati un po’ di scavi nel sito dove sono stati trovati gli ormai famosi Guerrieri di Monti Prama. Uno degli archeologi che hanno effettuato gli scavi ha ritenuto di aver trovati ben 8 modelli di “nuraghi complessi” e poi altri 13 modellini di “nuraghi singoli”. Per il vero egli ha manifestato una notevole difficoltà quando ha tentato di metter su una spiegazione di questi troppo numerosi “modelli e modellini di nuraghi”, ma soprattutto è caduto nell’errore di interpretare un elemento conico che sta sulla cima di questi “modellini” come «la copertura della scala di accesso al terrazzo superiore».

Ma di che materiale sarebbe stata fatta questa “copertura della scala”? forse di plexi-glas? E quale riscontro archeologico è stato mai trovato per essa? Perché quell’elemento conico o cupoletta risulta al centro della cima del “modellino” e non decentrata, come decentrata risulta essere sempre la scala di tutti i nuraghi?

In realtà i supposti 8 modelli di nuraghi complessi non sono altro – come è stato giustamente detto da un altro archeologo – che “basi di colonne” e “capitelli” del tempio ivi esistente.

E nemmeno le altre 13 statuette, alte una trentina di centimetri, sono “modellini di nuraghe”, I) perché risultano troppo alte e sottili, II) perché la loro cima non indica affatto il “ballatoio” dei nuraghi, che non è esistito in nessun nuraghe, III) perché non portano alcun segno per indicare un elemento architettonico indispensabile, l’”ingresso”; IV) alte come sono avrebbero dovuto avere anche un segno di qualche finestrone, come di fatto si constata in alcuni nuraghi piuttosto alti.

In realtà le 13 statuette di Monti Prama non sono altro che miniature di “lucerne” o di “candelabri”, la cui cupoletta finale indica la fiamma accesa.

Si deve considerare con attenzione che la presenza di lucerne o candelabri in miniatura nel sito di Monti Prama ha una sua esatta motivazione nel fatto che erano in un sito sacrale e precisamente in un tempio dedicato al Sardus Pater. Invece eventuali “modellini di nuraghe” quale mai motivazione potevano avere nel tempio e, più in generale, in qualsiasi altro sito? Che senso aveva e quale spiegazione aveva la fabbricazione di molti “modellini di nuraghe” in generale? Nella sala delle riunioni del nuraghe di Palmavera di Alghero la presenza di un altare a forma di coppa o calice ha un senso in vista delle importanti decisioni politico-religiose che vi si prendevano, mentre la presenza di un “grande modello di nuraghe” – come è stato comicamente detto e scritto – non ha alcun senso né alcuna spiegazione.

E pure grandemente errata è la spiegazione che è stata data e corre in giro del cosiddetto “Modellino di Olmedo”. Questo non era affatto il modellino in bronzo di un nuraghe quadrilobato, I) perché i suoi 5 bracci risultano troppo alti e sottili, II) perché la loro cima non indica affatto il “ballatoio” dei nuraghi, che non è esistito in nessun nuraghe, III) perché non portano alcun segno, in quella che dovrebbe essere la lunga cerchia muraria, per indicare un elemento architettonico indispensabile, l’”ingresso”; IV) alti come sono i 5 bracci e soprattutto quello centrale avrebbero dovuto avere anche il segno di qualche finestrone nella loro muraglia e invece non ne hanno alcuno.

E le stesse identiche obiezioni muovo per il bronzetto di Ittireddu, anch’esso erroneamente interpretato come “modellino di nuraghe”.

Invece, a mio giudizio, anche quelli di Olmedo e di Ittireddu non sono altro che il modellino di una lucerna, una “lucerna plurima” a 5 bracci o becchi, analoga ad una plurima di terracotta che è stata trovata a Sant’Antioco. Ed anche a questo proposito vale la importante considerazione or ora fatta: nelle caratteristiche di sacralità che valeva per tutti i bronzetti nuragici – dato che costituivano tutti altrettanti doni fatti alle varie divinità – la riproduzione di una lucerna plurima si spiega perfettamente, la riproduzione di un nuraghe plurimo o polilobato non trova alcuna spiegazione.

È verosimile che queste due lucerne plurime implichino anche una “simbologia cosmica”, come ha scritto il mio amico architetto Franco Laner: i bracci dei quattro spigoli rappresenterebbero i quattro punti cardinali, mentre il braccio centrale rappresenterebbe la dimensione verticale dell’alto e del basso.

In proposito è da ricordare che questa medesima simbologia probabilmente esisteva anche nella cosiddetta “Tomba di Porsenna” di Chiusi, in Etruria.

La “favola” del ballatoio terminale dei nuraghi è entrata anche nella fabbricazione del cosiddetto “modellino di nuraghe quadrilobato di San Sperate”, in pietra arenaria giallo-rosa, esposto in bella evidenza nel Museo di Cagliari, che io di recente ho dimostrato essere nient’altro che un grossolano ed anche ridicolo “falso”. Che di falso si tratti, scolpito da qualcuno che quasi certamente si potrebbe riconoscere dalle carte che riguardano l’acquisizione dell’oggetto da parte della Soprintendenza Archeologica di Cagliari, è dimostrato chiaramente da alcuni fatti, ma soprattutto da due particolari: I) Il supposto modello di nuraghe presenta un “porticato” che costituirebbe la base dell’edificio; 2) Il muro dei quattro torrioni presenta nella sua parte finale una “rientranza circolare”. Senonché si tratta di due particolari costruttivi che da un lato non si ritrovano in nessun nuraghe reale, dall’altro avrebbero impedito la prosecuzione della costruzione del nuraghe stesso, il quale sarebbe crollato subito, con la messa in opera dei successivi cerchi di massi.

Infine l’oggetto sembra appena uscito dall’officina di uno scultore (e ben a ragione!), dato che presenta molti spigoli della pietra ancora vivi ed intatti.

Massimo Pittau

www.pittau.it