I Cinque Periodi della missione del Buddha: un confronto con l’I Ching

I Cinque Periodi della missione del Buddha: un confronto con l’I Ching

[ SUDDIVISO IN DUE PARTI ]

 

[PRIMA PARTE]

Mi è capitato di leggere in Storia della filosofia orientale, libro di cui ammetto di avere ignorato anche l’esistenza poco prima di trovarlo, una pagina interessante sulla diffusione della dottrina buddistica:

 

Uno dei più illustri pensatori cinesi del VI secolo tentò un’ardita sintesi delle opposte opinioni [sulla dottrina del Buddha] allo scopo di trarre un sistema organico da tanta confusione: questo fu Chi-kai, nato nel 531 d.C.

Egli ammetteva che tutti gli esseri possiedono la natura del Buddha, ma sosteneva che la sua realizzazione dipende dallo sforzo personale. Vi è quindi bisogno dell’istruzione, e anche di un profondo impegno, onde rimuovere l’errore e giungere alle idee veraci. Questa era la pietra angolare del nuovo sistema di Chi-k’ai. Un profondo studio della letteratura buddistica lo convinse che nonostante le apparenti diversità e contraddizioni riscontrabili negli insegnamenti del Buddha, vi è in essi una profonda unità d’intenti. L’esistenza di diverse teorie filosofiche non deve far dimenticare che lo scopo ultimo è sempre il medesimo, cioè quello di superare i mali e conseguire la verità e il bene ultimo. [...]

Fu partendo da queste premesse che Chi-k’ai tentò una classificazione ordinata della letteratura e una sintesi della dottrina. Il sistema da lui elaborato era tanto ragionevole, che venne adottato da tutte le scuole buddistiche in Cina e negli altri Paesi dell’estremo Oriente,  ed è pervenuto fino a noi. [...]

Rispetto agli insegnamenti del Buddha quali sono incorporati nella letteratura, Chi-k’ai propose di classificarli in ordine cronologico. Egli suddivise la carriera attiva del Buddha in cinque periodi, in relazione ai quali classificò anche la sua predicazione.

Il primo periodo è [quello in cui] il Buddha, proprio subito dopo il conseguimento della bodhi [illuminazione o risveglio] trascorse 21 giorni sotto l’albero, abbagliato dalla luce della rivelazione. [...]

Il secondo periodo incomincia non appena egli lascia l’albero della bodhi e inizia la sua opera di insegnante religioso popolare. I suoi insegnamenti di questo periodo [...] sono riservati ai novizi e non contengono alcuna «verità sublime». Questo periodo durò 12 anni.

Nel terzo periodo, di 8 anni, si impegnò in un attacco a fondo contro le varie scritture religiose e filosofiche che predicavano dottrine contrarie alla sua fede.

Il quarto fu un periodo in cui gli attacchi delle altre scuole divennero così accesi da costringere il Buddha a rivelare ai suoi discepoli le verità metafisiche più profonde. [...] Tale periodo durò 22 anni.

Il quinto periodo fu quello culminante. Gli avversari erano stati costretti al silenzio e il buddhismo si era ormai stabilito su solide fondamenta. [...] Fu un periodo di 8 anni, che terminò con il nirvana del Buddha.[1]

 

Se, facendo un esperimento, mettiamo gli anni dei cinque periodi della vita di Buddha dopo l’illuminazione in parallelo con il libro classico dell’antica Cina, l’I Ching, Libro dei Mutamenti, e consideriamo gli anni di età di Buddha durante i periodi individuati da Chi-k’ai, emergono legami sorprendenti inerenti proprio la dinamica dell’ascesi, sia in riferimento al Buddha sia in generale:

                                                                           

Periodo

Durata

Età del Buddha

Esagramma dell’I Ching

I

21 giorni

30 anni

30, Li, L’Aderente (il Fuoco)

II

12 anni

30-42 anni

30, Li, L’Aderente (Il Fuoco) – 42, I, L’Accrescimento spirituale

III

8 anni

42-50 anni

42, I, L’Accrescimento spirituale – 50, Ting, il Crogiolo

IV

22 anni

50-72 anni

- – - (l’I Ching si ferma all’esagramma 64)

V

8 anni

72-80 anni

- – -

L’esagramma 21 è Chi-ho, il Morso che spezza:

 

Il segno rappresenta una bocca aperta, ma tra i denti si trova un ostacolo (linea al quarto posto). Di conseguenza le labbra non possono riunirsi. Per ottenere la loro ricongiunzione, bisogna mordere energicamente l’ostacolo da parte a parte.

 

Gli ostacoli sarebbero

 

i turbamenti della convivenza armoniosa portati da criminali e calunniatori. [...] Quando un ostacolo si oppone all’unione, un energico morso che spezza provoca riuscita. [...] L’unità non si può stabilire laddove è sempre compromessa da delatori e traditori, da qualcuno che ostacola e impedisce. [...] Occorre però procedere nella maniera giusta. Il segno è composto dai trigrammi Li, chiarezza, e Chên, eccitazione. Li è tenero, Chên è duro. Durezza ed eccitazione da sole sarebbero troppo violente nel punire. Chiarezza e dolcezza da sole sarebbero troppo deboli. Riunite, producono la giusta misura.[2]

 

Si tratta dunque del primo e indispensabile passo nell’ascesa (e nell’ascesi) spirituale: una netta recisione di ogni compromesso con il Male. Coloro che ostacolano e impediscono, soprattutto mediante la calunnia, sono le forze maligne: il significato greco della parola diàbolos, diavolo, è appunto questo: colui che separa, divide, che crea ostacolo (skàndalon); e il primo “luogo” in cui essi possono esercitare questa azione è ovviamente l’interiorità dell’individuo umano.

Il numero 21 è prodotto della moltiplicazione 3 × 7, e gli esagrammi rappresentati da questi ultimi due numeri implicano significati simbolici che si rivelano condizioni necessarie al significato simbolico dell’esagramma 21:

• il 3 è Chun, La Difficoltà iniziale o la Confusione iniziale, così composto:

 

Il segno inferiore, Chên, è l’Eccitante: è diretto verso l’alto; per immagine ha il tuono; il segno superiore, K’an, è l’Abissale, il pericoloso: il suo moto va verso il basso; per immagine ha la pioggia. La situazione indica dunque una pienezza densa, caotica. Tuono e pioggia riempiono l’aria, ma il caos si rischiara. [...] Nel temporale le forze in tensione si scaricano, e tutto respira di sollievo. [...] È come un primo parto. Queste difficoltà derivano dall’affollarsi di ciò che sta lottando per formarsi. [...] Nel caos della difficoltà iniziale, l’ordine è già predisposto. Così il nobile deve, in questi tempi iniziali, suddividere e ordinare la caotica abbondanza.[3]

 

Come in un temporale il tuono e il buio delle nubi precedono la distensione, anche nella sfera umana il tempo dell’ordine è preceduto da un’epoca di caos. [...] Nubi e tuono corrispondono alla struttura del segno. Qui si parla dello stato che precede la pioggia e simboleggia il pericolo. Per superarlo bisogna prima separare e poi unire, come avviene quando il temporale si scarica: dapprima nubi sopra e tuoni sotto, poi tuoni sopra e pioggia sotto.[4]

 

Dal punto di vista dell’ascesi, il caos è, naturalmente, quello interiore, proprio, della persona che si mette sulla via ascetica, e le forze che si scontrano tra loro sono le sue dimensioni psicologiche, emozionali, passionali, ognuna delle quali a sua volta in conflitto con la volontà di distacco dalla dimensione mondana dell’esistenza. Si tratta dunque di strutturare le forze disordinate in un ordine finalizzato.

• il 7 è Shih, l’Esercito, segno formato

 

dai segni primordiali K’an, acqua, e K’un, terra. Così è simboleggiata l’acqua sotterranea, quella che si raccoglie nel sottosuolo. Allo stesso modo si accumula la forza militare entro la moltitudine di un popolo: invisibile in tempo di pace, ma sempre a disposizione come fonte di potenza.

 

Per questo la sua Immagine dice «Nel grembo della terra vi è l’acqua: l’immagine dell’esercito»:

 

L’acqua sotterranea sta invisibile nel grembo della terra. Allo stesso modo la potenza militare di un popolo sta invisibile in seno alle masse.[5]

 

In virtù della coscrizione obbligatoria in uso nell’antichità, i soldati sono presenti nel popolo come l’acqua sotto la terra. Avendo cura della prosperità del popolo, si ottiene un esercito valoroso.[6]

 

Il significato del 7 – la molteplicità preparata per gli eventuali conflitti – è quindi la logica evoluzione del significato del caos atmosferico rappresentato dal 3, tanto più che si tratta di acqua assorbita dalla terra, nelle falde freatiche diremmo oggi: esattamente quello che avviene in natura dopo un temporale; vale a dire, sul piano psicologico-spirituale, le passioni e le forze interiori della persona disciplinate e addestrate alla lotta spirituale (in arabo: jihad) contro le forze avversarie (avversario, in ebraico, è: satan).

Altri due significati simbolici dei numeri 3 e 7 si legano benissimo alla vicenda umana e ascetica del Buddha – e in generale all’ascetismo – e ai legami di questa con la simbologia espressa dall’I Ching:

• 3 sono le razze e le città dei demoni affrontati dal dio indù Shiva in un mito, descritto da Giuseppe Lanza del Vasto (1901-1981), discepolo del Mahatma Gandhi, che ebbe modo di osservarlo rappresentato in un bassorilievo di un tempio indiano:

 

L’arco impugnato dal dio è Vishnu stesso, e la freccia è Brahma. [...] Sciva mira con la freccia il pilastro di faccia, su cui si trovano figurate in bassorilievo le Tre Città: la Città di Ferro, la Città d’Argento e la Città d’Oro, abitate rispettivamente dai demonii del ventre, dai demonii del cuore e dai demonii della testa. E distruggerà le tre città e i demonii che le abitano: è il distruttore delle tenebre, del desiderio e delle illusioni: è il Principe degli Yoği, il Redentore dello spirito.[7]

 

Le Tre Città, ognuna costruita e denominata con un metallo prezioso in progressione – la Città di Ferro abitata dai demonii del ventre; la Città d’Argento abitata dai demonii del cuore; la Città d’Oro abitata dai demonii della testa – possono essere confrontate con le tre tentazioni di Gesù nel deserto, che, prima dell’inizio della sua vita pubblica, mirano a sedurlo proprio dal punto di vista del ventre, del cuore e della testa:

 

Gli si avvicinò il tentatore e gli disse: «Se sei il Figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo condusse con sé nella Città santa e, postolo sul pinnacolo del tempio, gli disse: «Se sei il Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti: Darà ordini per te ai suoi angeli perché ti sorreggano sulle braccia, e perché non urti in qualche sasso il tuo piede». Gli rispose Gesù: «Sta scritto anche: Non tenterai il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e di qui gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro magnificenza, e gli disse: «Tutte queste cose io le darò a te, se, prostrato a terra, mi adorerai». Allora Gesù gli disse: «Vattene, satana! Sta scritto: Adorerai il Signore Dio tuo e a lui solo presterai culto». Allora il diavolo lo lasciò…[8]

 

L’analogia fra le Tre Città distrutte da Shiva nel mito indiano, e le tre tentazioni affrontate da Cristo è possibile perché gli organi del corpo umano e le funzioni fisiche e psichiche che essi svolgono e rappresentano sono quasi le medesime sia nel caso delle Tre Città, sia nel caso delle tre tentazioni:

- il ventre, punto debole della fame, dei bisogni essenziali ma anche simbolicamente degli istinti e degli impulsi immediati: “ragionare con la pancia” (collegato ai demonii della Città di Ferro);

- il cuore, subito sopra, per molte culture antiche sede dei sentimenti e delle emozioni, quindi anche dell’orgoglio di sé e della soddisfazione personale nel vedersi – nel caso di Gesù – oggetto di un salvataggio miracoloso e spettacolare da parte degli angeli (collegato ai demonii della Città d’Argento);

- la testa, per definizione traslata simbolo del potere, del comando (si pensi alla doppia accezione del termine «capo»), dell’assenza di superiori cui sottostare; e infatti Gesù, in quanto Dio, non può sottostare all’invito di satana e adorarlo (collegata ai demonii della Città d’Oro).

Si sarà notato che la progressione dei metalli preziosi, delle Tre Città che essi definiscono, e delle tre tentazioni di Cristo, è parallela all’ordine delle stesse parti del corpo umane dal basso all’alto, così che in entrambi i racconti – mito indiano ed episodio evangelico – è implicata anche la loro crescente preziosità spirituale.

• 7 luci sono, nella Bibbia, l’attributo tipico di Dio: l’oggetto-simbolo cui si pensa subito al riguardo è la menorah, il candelabro a sette bracci tipico degli Ebrei. L’interpretazione forse più antica della menorah si trova nel libro del profeta Zaccaria:

 

L’angelo che mi parlava venne a destarmi, come si desta uno dal sonno, e mi disse: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo un candelabro tutto d’oro; in cima ha un recipiente con sette lucerne e sette beccucci per le lucerne». [...] Allora domandai all’angelo che mi parlava: «Che cosa significano, signor mio, queste cose?». Egli mi rispose: «Non comprendi dunque il loro significato?». E io: «No, signor mio». [L’angelo disse quindi] «Le sette lucerne rappresentano gli occhi del Signore che scrutano tutta la terra».[9]

 

Secondo alcune tradizioni, la menorah simboleggia il roveto ardente in cui la voce di Dio si manifestò a Mosè sul monte Horeb; secondo altre rappresenta il sabato (al centro) e i sei giorni della creazione.[10] Il rabbino Simon Philip De Vries scrisse: «Il candelabro è un albero della luce, che si sviluppa nella massima fioritura. La luce risplende fino a Dio, e verso di Lui risplendono tutte le altre luci» (Riti e simboli giudaici [Jüdische Riten und Symbolen, Wiesbaden 1986]).[11] Per altre fonti, «rappresenta la diffusione verso l’uomo della luce della sapienza proveniente da Dio».[12]

 

«Gli sono stati dati tanti bracci – scrive Giuseppe Flavio – quanti sono i pianeti»; è «imitazione terrena», secondo Filone, «della sfera celeste archetipa». Zaccaria ne dà una descrizione mistica che lascia supporre un simbolismo di origine astrale: corrisponderebbe ai sette pianeti e ai sette cieli; le sette lampade sono, per Zaccaria, i sette occhi di Dio (sette è il numero perfetto) che vedono su tutta la Terra. Alcuni scrittori ebraici posteriori, come Filone, Flavio Giuseppe e perfino qualche testimone dell’antico rabbinismo, sviluppano esplicitamente questo simbolismo. Per Filone (Vita di Mosè, 2, 105), il candelabro rappresenta il cielo con il sistema planetario al centro del quale brilla il Sole, di cui il fusto centrale è simbolo. [...] Simbolo della divinità e della luce che essa dispensa agli uomini, la menorah è stata spesso utilizzata come motivo ornamentale, ma ricco di significati, sui muri delle sinagoghe o sui monumenti funerari.[13]

 

Allo stesso modo, Richard Wilhelm, nella sua spiegazione dell’I Ching, in riferimento alla Sentenza dell’esagramma 24, Fu, Il Ritorno, la quale recita: «Al settimo giorno si ha il ritorno», commenta: «il sette è il numero della luce giovane».[14]

[FINE PRIMA PARTE]

 

[SECONDA PARTE]

Tutto ciò che è luminoso e allo stesso tempo a portata di mano, per l’uomo antico si collega all’accensione del fuoco: il numero degli anni del Buddha durante questi primi 21 giorni è il 30, e il numero 30 nell’I Ching è Li, l’Aderente-il Fuoco:

 

Il fuoco non ha una figura determinata, ma aderisce alle cose che ardono e perciò è luminoso. [...] Tutto ciò che splende nel mondo, dipende da qualcosa cui aderisce: così può splendere durevolmente. [...] Così la doppia chiarezza dell’uomo di valore aderisce al giusto e per questo può plasmare il mondo.[15]

 

I corpi sono anch’essi necessari affinché per loro tramite le forze della luce e della vita possano manifestarsi. Lo stesso vale per la vita umana: la natura psichica deve aderire alle forze della vita spirituale per riuscire a trasfigurarsi e a influire sulla terra.[16]

 

A sua volta torna possibile un parallelo con il Cristo, anche lui trentenne: Giovanni Battista disse di lui: «Egli è venuto per battezzare nello Spirito Santo e nel fuoco»,[17] Gesù disse di se stesso: «Sono venuto a portare il fuoco, e come vorrei che fosse già acceso!»,[18] e infine si lasciò attaccare al legno della croce – così come al legno aderisce il fuoco – per essere «luce del mondo» attraverso la sua morte e risurrezione.

Al numero 30, nella periodizzazione della vita pubblica del Buddha in relazione alla sua età,  segue il numero 42: gli anni iniziali della sua predicazione furono dunque 12, da quando ne aveva 30 a quando ne ebbe 42. Dodici anni sono per l’uomo gli anni che trascorrono dal concepimento alla possibilità di generare figli. Iniziare un percorso ascetico e, dopo un determinato tempo, ottenerne i risultati-figli, è un ri-nascere, un ri-generare se stessi, un diventare padre o madre di se stessi: da questo punto di vista si comprende benissimo la frase di Gesù:

 

In verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio. [...] Quel che è nato dalla carne è carne, e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto.[19]

 

Nell’I Ching, l’esagramma 42, è I, l’Accrescimento spirituale, che appunto non avviene subito dopo l’Adesione a ciò che è degno (esagramma 30), ma dopo 12 segni-mutamenti:

 

L’idea dell’accrescimento è qui espressa dal fatto che la linea forte [cioè intera, non spezzata in due segmenti] del trigramma superiore si è abbassata e si è posta sotto il trigramma inferiore. L’idea fondamentale del Libro dei Mutamenti si palesa anche in questa concezione: il vero dominare deve essere un servire. Un sacrificio del superiore, che provoca un accrescimento dell’inferiore, viene chiamato semplicemente accrescimento, con allusione al fatto che solo lo Spirito è in grado di aiutare il mondo. [...]

Il vero accrescimento avviene quando se ne creano in se stessi le condizioni necessarie: apertura e amore per il bene. Così la cosa ambita arriva da sé, per necessità della Legge naturale. Se l’accrescimento viene a trovarsi in piena armonia con le supreme leggi dell’universo, esso non può essere impedito da nessuna combinazione di circostanze.[20]

 

Per questo il Commento alla Decisione recita tra l’altro: «Dall’alto porsi sotto l’inferiore: questa è la via della grande luce. E intraprendere è propizio: centrale, conforme, prospero».[21]

Gli otto anni successivi, dai 42 ai 50, implicano il passaggio dall’accrescimento spirituale (esagramma 42) alla trasformazione dell’energia in azione, cioè in insegnamento e pratica: l’esagramma 50, Ting, il Crogiolo, è allo stesso tempo strumento per la trasformazione e la mescolanza: da questo punto di vista, un “impasto” di divino e umano:

 

Il crogiolo serve per sacrificare a Dio. La più eccelsa cosa terrena deve essere sacrificata al divino; ma ciò che è veramente divino non si mostra avulso dall’umano. La più eccelsa venerazione di Dio sta nei profeti e nei santi. La loro venerazione è la venerazione di Dio. La volontà divina da loro rivelata deve essere accolta con umiltà, e nascono allora l’illuminazione interiore [bodhi] e la vera comprensione del mondo che conducono a grande salute e successo.[22]

 

Il Commento alla Decisione dice infatti: «Grazie alla mitezza, orecchio e occhio diventano acuti e chiari. Il tenero incede e va verso l’alto. Raggiunge il centro e trova corrispondenza presso il solido; perciò vi è sublime riuscita».[23]

Otto come gli anni dal 42 al 50, a loro volta, sono le Nobili Vie di Buddha: «il Santo Sentiero Ottopartito: retta cognizione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retta vita, retto sforzo, retto sapere, retto raccoglimento»,[24] nonché le Beatitudini dell’insegnamento del Cristo:

 

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché erediteranno la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.[25]

 

In totale, gli anni della carriera di Buddha paralleli agli esagrammi dell’I Ching sono quindi 20, e nell’I Ching l’esagramma n. 20 è Kuan, la Contemplazione:

 

Il nome cinese del segno ha, con un leggero cambiamento di tono, un duplice significato: da un lato significa il contemplare, dall’altro l’essere visto (come modello). Queste idee vengono suggerite dal fatto che il segno può essere interpretato come una torre quali ne esistevano molte nell’antica Cina. Da queste torri si godeva un’ampia vista e, d’altra parte, una torre simile sopra un monte era visibile da lontano.[26]

 

Il Commento alla Decisione dice infatti: «Una grande visione sta in alto. Devoto e mite, centrale e conforme, egli [il saggio, il mistico] è una visione per il mondo intero. Gli inferiori lo guardano e vengono trasformati. Egli lascia che essi mìrino la divina via [Tao] del cielo…».[27]

 

Inoltre, seguendo ancora il parallelismo con i significati e il numero d’ordine degli esagrammi dell’I Ching, emerge anche che:

● il primo dei cinque periodi, quello di 21 giorni, si rivela un po’ un embrione che contiene tutto lo sviluppo successivo della struttura o della situazione: 21 moltiplicato per 3 dà il risultato di 63, cioè un ciclo completo di tutti i mutamenti degli esagrammi del Libro cinese (escluso l’ultimo, il 64, che è Wei Chi, Prima del Compimento, e indica appunto una situazione in corso, aperta, e da un certo punto di vista rappresenta la possibilità accanto ad ogni esagramma di mutare in un altro), vale a dire una vita umana completa o una completa descrizione del mondo. Ora, 63 diviso per 3, che dà 21, rivela a sua volta gli esagrammi che indicano le tre tappe fondamentali della vita ascetica e dell’evoluzione spirituale:

I – 21: la rottura assoluta con il Male (il Morso che spezza l’ostacolo);

II – 42 (21 × 2): l’accrescimento spirituale, dovuto appunto alla rottura del rapporto con il Male;

III – 63 (21 × 3): Chi Chi, Dopo il compimento, cioè oltre la condizione di vita terrena, sia dal punto di vista biografico, naturale (il trapasso), sia da quello della conoscenza, la quale, in conseguenza dell’accrescimento spirituale, non è più limitata alle dimensioni soltanto tangibili e spazio-temporali:

 

L’esagramma è una derivazione del segno T’ai, La Pace (n. 11). Il passaggio dalla confusione all’ordine è compiuto, e ora ogni particolare è al suo posto. Questo è un aspetto molto favorevole, ma dà anche da pensare: proprio quando si è raggiunto l’equilibrio perfetto, ogni movimento può turbare l’ordine e provocare un ritorno alla disgregazione. [...] L’esagramma allude dunque a una situazione culminante che esige un’estrema cautela.[28]

 

Nell’Immagine infatti si dice: «Il nobile pondera la disgrazia e se ne premunisce per tempo».[29]

La situazione è appunto molto simile a quella di una persona che ha compiuto la propria vita, ma è estremamente esposto ai rischi a causa della propria anzianità.

● Gli anni dal momento della bodhi in poi, se messi in parallelo con gli esagrammi dell’I Ching, vanno dal 30 al 64 e quindi sono 34 o 35, a seconda che si conti a partire dal trentesimo o dal trentunesimo. Gli esagrammi 34 e 35 sono rispettivamente Ta Chuang, La Potenza del Grande, e Chin, Il Progresso, entrambi ben attribuibili a una figura di santità come il Buddha: il primo

 

indica un tempo in cui il valore interiore emerge con impeto e giunge al dominio. [...] Per questo è aggiunta [nella Sentenza] la frase: «Propizia è perseveranza», giacché la potenza veramente grande è quella che non degenera in mera violenza, ma resta interiormente connessa con i principii del diritto e della giustizia. [...] La vera grandezza si basa sulla concordanza con ciò che è retto.[30]

La forza fa sì che l’egoismo degli istinti più bassi si possa vincere; il moto fa sì che si metta in atto la ferma determinazione della volontà. [...] Quando si dice che il grande deve essere retto, si intende che grandezza e rettitudine non sono due cose diverse, e che senza rettitudine non vi è grandezza.[31]

 

Il segno 35, Il Progresso,

 

rappresenta il sole che si leva sopra la terra; è quindi l’immagine del progresso rapido e facile, il quale significa, nel contempo, crescente espansione e chiarezza. La luce del sole che si innalza al di sopra della terra è chiara per natura, ma quanto più il sole si leva, tanto più esce dalla foschia e splende nella sua originaria purezza, in tutte le direzioni. Così la natura dell’uomo è anch’essa originariamente buona, ma è offuscata dal legame con l’elemento terrestre. Richiede quindi una purificazione per poter splendere.[32]

 

Il relativo Commento alla Decisione dice infatti: «Il chiarore si innalza al di sopra della terra. Devoto e aderente al grande chiarore, ciò che è debole progredisce e va verso l’alto».[33]

● Gli anni restanti, una volta chiusi i 20 anni già presi in considerazione, sono 14; nell’I Ching l’esagramma 14 è Ta Yu, Il Possesso grande, che ha quasi sempre i significati precisi di: tesoro spirituale, patrimonio di sentimenti puri, fede nel Divino, amore autentico per qualcuno/a, strettamente e necessariamente legati all’unione tra modestia e elevatezza spirituale:

 

Il possesso grande è determinato dal destino e corrisponde al tempo. A chi è modesto e mite in posizione elevata, a lui ogni cosa appartiene. Il senso del segno concorda con le parole di Gesù: «Beati i mansueti, poiché erediteranno la terra»,

 

fa notare acutamente R. Wilhelm.[34] Nel Commento alla Decisione infatti si dice: «Il suo carattere e saldo e forte, ordinato e chiaro, trova corrispondenza nel cielo e si muove in armonia con il tempo; per questo si dice [nella Sentenza] “Sublime riuscita!”».[35]

Descrizione, quest’ultima, che è quasi un icastico ritratto del Saggio o dell’Illuminato – Buddha, Cristo, un Sufi islamico, Gandhi, un Lama tibetano… – nei suoi tratti caratteristici di legame interiore con il Senso (Tao) profondo e metafisico dell’Universo, quiete, fermezza, profonda comprensione dell’istante e quindi della necessità, o meno, di inserirvisi con la propria azione.

 

Piervittorio Formichetti

 



[1] Prabodh Chandra Bagchi, L’influsso indiano sul pensiero cinese, in Sarvepalli Radakrishnan (a cura di), Storia della filosofia orientale, Milano, Feltrinelli, 1978 (ed. or. London, Allen and Unwin ltd., 1952), tomo II, pp. 730-731.

[2] I Ching. Il Libro dei Mutamenti, a cura di Richard Wilhelm, trad. it. Milano, Adelphi, 1991, pp. 130-131.

[3] I Ching, ed. cit., pp. 66-67.

[4] I Ching, ed. cit., p. 418.

[5] I Ching, ed. cit., pp. 81-82. I regimi politici europei del secolo scorso hanno ricalcato questa realtà nelle politiche demografiche: nel ventre (terra) delle madri (acqua: si pensi al liquido amniotico) i futuri soldati (l’esercito). Emerge anche qui il tradizionale legame simbolico tra Femminile, acqua e terra.

[6] I Ching, ed. cit., p. 482.

[7] Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, Pellegrinaggio alle Sorgenti. L’incontro con Gandhi e con l’India, Milano, Jaca Book, 1978, p. 38.

[8] Vangelo secondo Matteo, 4, 3-11.

[9] Zaccaria, 4, 1-2, 4-5, 10; cfr. Manfred Lurker, Dizionario delle immagini e dei simboli biblici, Milano, San Paolo, 1990 (ed. or. München 1989), pp. 104-105.

[10]  http://it.wikipedia.org/wiki/Menorah.

[11] Cit. in Hans Biedermann, Enciclopedia dei simboli, Milano, Garzanti, 1991 (ed. or. München 1989), pp. 86-87.

[12] Scialom Bahbout, Ebraismo, Firenze, Atlanti Universali Giunti, 1996, p. 32.

[13] Jean Chevalier, Alain Gheerbrant (a cura di), Dizionario dei simboli, Milano, BUR Rizzoli, 1986-87 (ed. or. Paris 1969), vol. I, A-K, pp. 183-185.

[14] I Ching ed. cit., pp. 140-141. Non è possibile non pensare al ritorno per eccellenza, quello del Cristo risorto dalla morte, avvenuto appunto al settimo giorno, cioè il primo della settimana ebraica.

[15] I Ching, ed. cit., pp. 159-160. Con «doppia chiarezza», Richard Wilhelm allude alla doppia presenza del medesimo trigramma nell’esagramma cinese (il segno Li ripetuto, da cui l’esagramma prende nome).

[16] I Ching, ed. cit., p. 537.

[17] Matteo, 3, 11.

[18] Luca, 12, 49-50.

[19] Vangelo secondo Giovanni, 3, 3-7.

[20] I Ching, ed. cit., pp. 200-201.

[21] I Ching, ed. cit., pp. 590-591.

[22] I Ching, ed. cit., p. 229.

[23] I Ching, ed. cit., p. 629.

[24] Buddha, I quattro pilastri della saggezza, a cura di K. E. Neumann e G. De Lorenzo, Roma, Newton & Compton, 1993 (ed. or. Leipzig, Reclam, 1921), p. 39.

[25] Vangelo secondo Matteo, 5, 3-10.

[26] I Ching, ed. cit., p. 126.

[27] I Ching, ed. cit., pp. 492-493.

[28] I Ching., ed. cit., p. 274.

[29] I Ching, ed. cit., p. 275.

[30] I Ching, ed. cit., pp. 173-174.

[31] I Ching, ed. cit., p. 554

[32] I Ching, ed. cit., pp. 176-177.

[33] I Ching, ed. cit., pp. 557-558.

[34] I Ching, ed. cit., pp. 105-106.

[35] I Ching, ed. cit., p. 467.

Condividi
  • Print
  • Digg
  • del.icio.us
  • Facebook
  • Twitter
  • Google Bookmarks
  • Add to favorites
  • email
  • LinkedIn
  • PDF
  • RSS

Lascia un Commento