I simboli delle maestranze di costruttori

Il periodo che seguì lo scisma tra la Chiesa Romano-Cattolica e quella Greco-Ortodossa nel 1054 diede grande impulso alle costruzioni in Sardegna. Nell’isola, infatti, approdarono monaci benedettini di culto cattolico, legati alla Chiesa di Roma, che introdussero dall’Italia, ma anche da altrove (Francia, Spagna), maestranze di costruttori specializzati nello stile romanico e, a partire dalla fine dell’XI secolo, il nuovo modo di costruire. Ciò, naturalmente, non vuol dire che l’architettura medioevale in Sardegna sia iniziata con i monaci benedettini, ma fu effettivamente importata dalle maestranze al loro seguito. L’architettura è sempre stata un’arte che richiedeva uno speciale addestramento: vescovi e abati, tranne qualche eccezione, non furono mai gli architetti delle proprie chiese; ingaggiavano i maestri del mestiere dando loro istruzioni per il lavoro, senza assumerne il controllo tecnico. La costruzione di chiese, monasteri, abbazie, palazzi e castelli, divenne la grande industria dell’epoca.

La presenza nell’isola di maestranze muratorie continentali è tanto evidente dall’estrema modestia delle tracce dei villaggi medioevali abbandonati, poichè la calce veniva usata solo nella costruzione dei rari edifici di speciale importanza e principalmente nelle chiese. Nei documenti riguardanti il mondo rurale il mestiere di muratore è menzionato in modo estremamente sporadico: due citazioni soltanto in epoca giudicale (mastros in pedra et in calcina et in ludu et in linna), (mastriu de fravica e de linna) pongono in evidenza come questa figura di artigiano era di norma assente nella maggior parte dei centri abitati. Tant’è che i pochi documenti che si riferiscono a costruzioni di edifici nei villaggi suggeriscono appunto che a far le case provvedessero di regola i comuni abitanti della villa e non artigiani specializzati, così come avveniva sino a non molti decenni fa. Solo i grandi committenti, i sovrani, famiglie di mayorales, vescovi o priori benedettini, avevano quelle ricchezze da spendere per costruzioni in pietra, con l’assunzione diretta di una squadra di muratori salariati. Perciò lo stile romanico in Sardegna si diffuse nelle zone dove s’insediarono i monaci benedettini, gli Ordini Militari, l’Opera S.Maria di Pisa, Opera di S.Lorenzo di Genova e gli ordini di canonici regolari; il gotico italiano attestato nelle poche aree d’influenza degli Ordini mendicanti provenienti dalla penisola, è pressochè assente. La nascita delle corporazioni di mestiere indigene in Sardegna è legata allo sviluppo, a partire dal XIII secolo, delle istituzioni comunali in alcune città dell’isola: Cagliari, Iglesias, Oristano, Bosa, Alghero, Sassari, Castelsardo, Orosei, dove si formarono delle consuetudini muratorie, col tempo raccolte negli Statuti dei Gremi, ma prima ancora negli Statuti cittadini.

Queste compagnie di muratori, altamente specializzati e con notevoli conoscenze di architettura e progettazione, viaggiando per tutta l’Europa, costruivano soprattutto chiese, abbazie, cattedrali, ma anche altri edifici.

Oltre agli Antelami, in Italia i più famosi erano i cosidetti Magistri Comacini, i “Maestri di Como”, costituenti una corporazione che operava soprattutto in Lombardia specializzati nell’impiego di particolari tecniche costruttive (opus romanum di mattoni o pietre squadrate, opus gallicum di pietrame irregolare). Su costoro sono sorti col tempo degli equivoci: anche se il termine comacinus ricorre nelle antiche leggi longobarde riferito ai muratori dell’area di Como, in realtà, significava probabilmente “compagno muratore” (come comonachus significava “compagno monaco”), senza alcun riferimento a Como.

In Francia erano “Les Fratres Pontis”, costruttori di ponti, nonchè i cosidetti “costruttori di cattedrali”, che lavorarono, tra le altre, alla cattedrale di Chartres, a varie chiese di Rouen e della sua provincia.

Lungo la Via di Santiago svolgevano la loro attività i cosidetti “cagots”, costruttori originari dei Paesi Baschi, tanto bravi da non avere concorrenti, ma venivano chiamati anche come architetti e intagliatori di pietre, costruttori di fortificazioni. In tutti i luoghi in cui si riscontrano i cagots: Spagna (Béarn, Paesi Baschi), Francia (Guyenne, Poitou, Maine, Berry, Bretagne), sotto denominazioni spesso differenti (Colliberts, Gahets, Capots, Crestiaas, Chrétians, Gezitains, Caques, Cacous, Caffets, Cagous, Oiseliers, ecc.) il loro nome è più o meno associato alla lebbra, in realtà una semplice malattia della pelle, detta psoriasi, che comporta il distacco della pelle a squame, come lascia intendere l’appellattivo di colliberts (couleuvres), nota in Francia come “zampa d’oca”. Per questo il simbolo schematico della zampa d’oca, una forchetta a tre bracci  (simile al segno runico della vita, una sorta di “ Y “) fu il marchio distintivo di questi costruttori nelle pietre squadrate delle chiese medioevali. Ritroviamo il termine “colliberts” nella Sardegna medioevale, nel nome di alcune classi servili (liberi) legate all’artigianato, collibertos, detti anche liberos de paniliu. Il simbolo schematico della zampa d’oca sarà profusamente rappresentato dai costruttori (sia come marchio di riconoscimento che come firma) nelle pietre squadrate delle chiese medioevali, nonchè nei crismoni o monogrammi di Cristo. In Sardegna la “zampa d’oca” è stata riscontrata in S.Francesco di Stampace (Cagliari), in S.Eulalia (Cagliari), Castello S.Michele, S.Barbara di Solanas (Sinnai), nel Castello di Laconi (NU).

Dalle sepolture merovingie fino alle cattedrali gotiche, coprendo un ampio spettro che abbraccia chiese visigote ed eremi romanici, troviamo un indizio curioso e sconcertante: le Tavole da Gioco (o Mandala, o Triplice Recinto Sacro). Queste rappresentazioni appaiono come graffiti nei luoghi più insoliti, non già in posizione orizzontale (posizione logica per il loro impiego come tavole da gioco), bensì in raffigurazioni verticali sui muri, vani di feritoie, scale a chiocciola e su altri siti dove non è facile o possibile giocare… La principale manifestazione delle tavole da gioco come simbolo sacro sta nella Cattedrale di Notre Dame di Amiens (Francia), che mostra sul pavimento due grandi “Tavole Quadrate” ed un enorme labirinto ottagonale: sia ben chiaro che una tavola da gioco presente in una cattedrale non trasforma questa in una bisca, ma viceversa la sua presenza in un luogo sacro le fa assumere un significato trascendente. Tra tutte le tavole da gioco spiccano alcune figure generalmente quadrate (ve ne sono anche ottagonali e circolari, anche se in numero esiguo) formate da linee concentriche con raggi e un centro: si tratta di tavole per il gioco dell”Alquerque”, gioco di origine araba (dall’arabo “al-qariq”) simile alla nostra Dama. In Sardegna sono presenti nel Castello di Montiferru, nel S.Salvatore di Sestu, in Ruinas. Il cammino dell’Oca rappresentato nel familiare “Gioco dell’Oca” è una spirale come il guscio di una conchiglia; quella spirale che compare nei marchi compagnerili della cattedrale romanica di Coimbra (Portogallo), la stessa spirale del labirinto medioevale di S.Pietro di Siresa nella Valle di Ansò (Huesca); la stessa di quella conchiglia che sbuca dalla balaustra del coro di Notre Dame de l’Epine (Francia) o dall’arco di accesso al chiostro di San Juan de la Peña (Huesca); la stessa spirale a chiocciola che serve da cavalcatura a quello gnomo della Cattedrale di Lèon (Spagna). La conchiglia è il simbolo distintivo della confraternita dei costruttori del Cammino di Santiago, in quanto marchio di mestiere come la Zampa d’Oca e l’Oca stessa. In Sardegna, tale simbolo è presente a S.Maria di Uta, S.LOrenzo di Silanus (NU), S.Lorenzo di Rebeccu (Bonorva-SS).

La croce era il marchio delle maestranze legate agli Ordini Militari, ed in particolare ai Templari. I modelli rappresentativi di croci sono quattro: la greca, la patente, la tau e la patriarcale; tra queste, la croce greca e quella patente erano quelle di uso più corrente, figurando in numerosi sigilli, dipinti di chiese, tombe di cavalieri, ecc., mentre la croce tau e la croce patriarcale avevano un uso più ristretto, figurando soltanto in determinate chiese, tombe molto particolari, case e castelli. In Spagna la croce greca sembra predominare nella provincia di Castiglia e in Portogallo; in molti casi è accompagnata dal quarto di luna, le stelle e il sole (elicoidale o radiante). La croce patente sembra abbia predominato nell’Aragona, anche se la sua distribuzione è generalmente più diffusa. Una sua variante fu la croce di Malta o “delle Otto Beatitudini”. La croce patriarcale (o “Lignum Crucis”) era l’insegna distintiva del gran maestro dell’Ordine. Infine, la croce a Tau ha avuto una diffusione più contenuta: a partire dal XII secolo l’uso del Tau simboleggiò l’impresa del pellegrinaggio. Ritroviamo la “croce templare” nella Cattedrale di Cagliari, S.Maria di Uta, S.Pietro di Villa S.Pietro, S.Biagio di Dolianova, nelle lastre sepolcrali di S.Domenico di Cagliari.

Un indizio della presenza di Ordini Militari è il soggetto dei cavalieri dell’Apocalisse che cavalcano sulle facciate e i capitelli romanici del Cammino di Santiago. Questi “cavalieri” abbondano nei cammini giacobei dell Ovest e Sud-Ovest della Francia, mentre sono più rari nelle strade giacobee spagnole: chiostro del colleggio di Santillana del Mar (Santander); torre della parrocchia di Cervatos (Santander); portale del Colleggio di Armentia (Alava); facciata di S.Maria la Real a Sangüesa (Navarra); N.S. La Bianca a Villalcazar de Sirga (Palencia); galleria di S.Maria del Cammino a Carriòn de los Condes (Palencia); porta nord del chiostro della cattedrale di Leon; finestra dell’abside del colleggio di S.Maria a Toro (Zamora). In Sardegna si possono notare nel S.Giuliano di Selargius; nel S.Salvatore di Sestu; nel S.Lussorio di Fordongianus (OR), nel S.Gavino di Torres (SS).

Tra gli altri simboli dei mastri costruttori può comparire il crismone  – in apparenza l’anagramma di Cristo – formato da un cerchio in cui si iscrivono le lettere greche X e I sovrapposte, aggiungendosi, secondo i modelli l’Alfa-Omega, una S e una P, oltre ad altri segni meno cristiani, quali il Ponte, l’Ospedale-Albergo-Ospizio, il Maestro-Guida (sotto forma del giullare, gnomo, pellegrino, mago, astrologo, ecc.), il Pozzo, il Carcere, la Morte, il Giardino dell’Oca.

Più significativo risulta un marchio cruciforme che appare in tre chiese poligonali: nel convento del Tempio a Tomar (Portogallo), nel Tempio di Londra e nel Santo Sepolcro di Pisa. In N.S. di Eunate (Eunate, Navarra, Spagna)  esiste un terzo marchio che nel medioevo simboleggiava un pezzo degli scacchi (la torre) e che ricorda il berretto dei giullari e quello del “matto” dei Tarocchi: lo ritroviamo nella cappella di Tomar (Portogallo), nel Santo Sepolcro di Pisa, nelle chiese del Tempio di Laon e di Metz (Francia), nel S.Maria a Berbegal (Huesca, Spagna). Esiste una certa parentela con i segni del monastero di La Oliva (Navarra), la Cattedrale di Tarragona, con S.Maria a Montblanc (Tarragona), e la “Seu” di Manresa (Barcellona). Gli unici esemplari sardi sono rappresentati in alcune lastre sepolcrali medioevali nel chiostro di S.Domenico di Cagliari.

Una variante del Triplice Recinto è il Labirinto (o, “Cammino di Gerusalemme”) posto sul pavimento delle cattedrali. Ne rimangono pochi esemplari: i meglio conservati sono i due della cattedrale di Notre Dame di Amiens (Francia), uno a fianco dell’altare maggiore e l’altro all’entrata del coro; merita anche di essere citato lo strano esemplare del monastero di S.Pietro di Arlanza (Burgos), posto ai piedi della navata vicino alla porta sud della distrutta chiesa; un quarto esemplare, molto rovinato, compare sul pavimento della chiesa del Tempio di Laon (Francia). A Saint Quentin (Francia) il labirinto è accompagnato da sei enormi stelle e da un cuore raggiato, distribuiti per tutta la chiesa.

Nel centro di molti labirinti medioevali veniva posta la “tomba” simbolica del Maestro d’Opera, raffigurata sulla piastrella centrale con uno scheletro con gli arnesi del costruttore, la squadra, il compasso, ecc….

Massimo Rassu

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